L’IA è la mente, i dispositivi il corpo. Nel 2025 l’intelligenza artificiale non è (ancora)…
Siamo umani o macchine da attivare a comando?
Ultimamente mi sono accorto di una dinamica che si ripete con inquietante costanza. Le persone che mi cercano non lo fanno per sapere come sto, per condividere un pensiero, un’esperienza o un momento di crescita reciproca. No. Mi cercano solo quando serve. Quando c’è crisi.
Non importa se non si fanno vive da anni, se non c’è mai stato un reale scambio umano: quando il bisogno materiale si fa sentire, il telefono squilla. Per lavoro, per opportunità che spesso non si concretizzano, per progetti sottopagati o irrealizzabili. Eppure, io questa crisi la vedevo arrivare già da un anno.
La verità è che molte relazioni oggi sono transazioni. E la profondità? Il confronto sincero? L’interesse per l’altro al di là della sua utilità immediata? Spesso, assenti.
Accettare di essere ‘attivati’ solo quando serve può essere una scelta consapevole, ma fino a che punto? Il rischio è quello di essere ridotti a ingranaggi di un meccanismo che non tiene conto di chi siamo, ma solo di ciò che possiamo offrire in quel preciso momento.
Non siamo macchine. Per quello c’è già l’Intelligenza Artificiale. Ma allora, siamo sicuri di non trattarci come tali?