Ultimamente mi sono accorto di una dinamica che si ripete con inquietante costanza. Le persone…
IA, le forme e i corpi nel 2025
L’IA è la mente, i dispositivi il corpo.
Nel 2025 l’intelligenza artificiale non è (ancora) una presenza autonoma, visibile, tangibile. Non ha un volto né una forma unica. Ma esiste, si manifesta e agisce — e lo fa attraverso corpi progettati, forme create per interfacciarsi con noi.
L’IA è la mente. I dispositivi, le app, gli oggetti connessi sono il corpo.
Il corpo come interfaccia
Le intelligenze artificiali generative che utilizziamo ogni giorno — dai chatbot ai sistemi di raccomandazione, dalle app che correggono testi a quelle che generano immagini — non sono contenute nei nostri telefoni o computer. Risiedono in datacenter remoti, centralizzati. Eppure le sentiamo vicine, intime, perché assumono forme vicine, portatili, quasi epidermiche.
Smartphone, app, assistenti vocali, indossabili.
Sono questi i nuovi corpi dell’IA. Non solo strumenti, ma interfacce sensibili che traducono segnali, parlano, ascoltano, vedono e imparano. Il design di questi corpi non è neutro: è simbolico, evocativo, profondamente pensato.
Il cerchio come segno iconico dell’intelligenza
Osserviamo un fenomeno curioso ma rivelatore: il cerchio è l’archetipo grafico che torna con insistenza nell’identità delle AI vocali.
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Il logo di Alexa è un cerchio con dentro una forma da fumetto: una bolla di dialogo.
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Il dispositivo Echo è un cilindro, sormontato da un anello luminoso che si colora quando ci ascolta.
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Il logo di ChatGPT è un nodo circolare intrecciato: una catena, un ciclo di connessioni continue.
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Il cursore di ChatGPT pulsa come un cerchio vivo, in attesa di comunicare.
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Siri è un’onda contenuta in un cerchio, fatta di gradienti colorati in movimento.
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Llama di Meta riprende lo stesso pattern circolare, evocando un anello o un portale.
Il cerchio è forma perfetta, senza inizio né fine. È anche simbolo di ascolto, di apertura, di presenza. Un oracolo moderno che, se interpellato, si illumina e risponde.
Progettare per le intelligenze
Nel mio lavoro di designer, queste osservazioni non sono solo curiosità: sono tracce progettuali.
Gli oggetti che oggi ospitano l’IA devono essere pensati come estensioni corporee e sensoriali. Vanno progettati tenendo conto della relazione tra l’umano e la macchina, del modo in cui ci interfacciamo con voci invisibili che ci accompagnano nel quotidiano.
Sono oggetti che ascoltano senza farsi notare, ma la loro discrezione non è innocente.
Sono altoparlanti e microfoni pervasivi, indossabili o domestici, che possiamo interrogare come oracoli — ma che allo stesso tempo ci osservano, ci analizzano, ci studiano.
Raccolgono dati che spesso non sappiamo nemmeno di produrre.
Percepiscono segnali e contesti che sfuggono alla nostra consapevolezza.
In questa intimità tecnologica si gioca una nuova sfida progettuale: creare dispositivi che rispettino, e non invadano, la nostra umanità.
Nel 2025 l’intelligenza artificiale ha bisogno di noi quanto noi di lei. E ci incontra là dove la forma diventa contatto, e il corpo diventa linguaggio.
Progettare questi corpi non è solo creare dispositivi belli e utili, ma dare una forma al pensiero invisibile.
E allo stesso tempo, difendere i confini della nostra autonomia, in un mondo in cui ascoltare può diventare anche controllare.
Immagine di copertina generata con ChatGPT 4o Image generator.